Il maggior economista tedesco analizza i mali della germania e indica una tarapia: «Liberarsi dei detriti accumulati in trent 'anni di eccessi sociali. La Lady aveva esagerato, ma poi il Paese ne ha tratto benefici »
Si può ancora salvare la Germania?, si chie-de il presidente dell' istituto economico Ifo Hans-Werner Sinn nel titolo del suo ultimo libro. «Sì, naturalmente», è la risposta. A patto però di promuo-vere una specie di «rivoluzione culturale» alla Margaret Thatcher, che spazzi via «i problemi accumulati in trent'anni di Stato sociale». Riducendo il peso dello Stato nell'economia, semplificando il sistema fiscale, tagliando i costi del lavoro, dello stato sociale e delle sovvenzioni, promuovendo drastiche riforme delle pensioni. Parlando con il Corriere, l'economista più famoso della Germania non ha peli sulla lingua. Comenon li hanno, ogni fine mese, i suoi sondaggi sulle aspettative dei maggiori industriali, diventati il barometro della congiuntura, anche di quella europea. Perché l'economia della Germania pesa per un terzo del Pil europeo, e se rimane «il malato d'Europa», continua ad affossare l'intera Eurolandia.
A dire il vero, per il docente cin-quantacinquenne della prestigio-sa Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera (sede anche dell'Ifo) il thatcherismo è andato «un po' troppo in là, con la riduzio-ne ai minimi termini dello stato so-ciale». Manel '77 il reddito pro capite della Gran Bretagna era il 50% di quello tedesco, mentre da tre anni l'ha superato. Nel frattempo, fra il 1995 e il 2002, l'economia britannica è cresciuta in termini reali del 22%, quella italiana del 12,5%, e «la Germania solo del 10%».
E, secondo Sinn, se la locomotiva europea la Germania è diventata un freno per Eurolandia non è «soltanto» colpa del governo rosso-verde di Gerhard Schröder. Le basi sono state gettate dalla coalizione social-liberale di Schmidt, che, a partire dal '75, «ha aumentato la quota di patrimonio statale dal 39% al 50%, raddoppiando l'indebitamento dal 20 al 40% del Pil». In modo che oggi - è paradossale, per l'ex-maestra europea in fatto di stabilità dei conti pubblici - «il disavanzo primario (dato dalla differenza fra il disavanzo e il pagamento degli interessi sull'indebitamento) è tornato a crescere: nel 2002 gli interessi da pagare sono stati pari a 68 miliardi di euro, contro un disavanzo di 76 miliardi di euro, che quest'anno sfonderà di gran lunga gli 80 miliardi di euro». Aquesto si aggiunge «il Mezzogiorno tedesco», che pesa sui Länder occidentali con trasferimenti da 80 miliardi di euro.
La Germania è quindi «in una situazione finanziaria molto difficile, anche se di positivo c'è un mi-glioramento congiunturale in vista. Ma i problemi strutturali continuano a sussistere, e la disoccupazione progredirà ancora». Il governo Schröder ha ancora tre anni di tempo per spronare le riforme strutturali. Perché altrimenti l'economia non riuscirà a espandersi oltre il potenziale di crescita.
In queste settimane, alla Camera dei Deputati, la Germania ha varato i maggiori pacchetti di riforma - delle pensioni, del mercato del lavoro, dei tagli fiscali - nella storia della Bundesrepublik. Che ancora devono ricevere l'approvazione del Bundesrat, la Camera alta, dominata dall'opposizione cristiano-democratica e sociale. Ma già ora, secondo Sinn, si può vedere che queste riforme «dal punto di vista economico non sono sufficienti» per fare uscire la Germania dal suo stato di malato d'Europa. E, per di più, «il governo è ricattato dalle ali di sinistra del partito», che lo costringono ad annacquare le riforme, mancando l'obiettivo di abbassare il costo del lavoro. Un meccanismo che bloccherà la creazione di altri posti di lavoro. E i costi del lavoro, soprattutto quelli non qualificati, rimangono «estremamente elevati». Mentre si rafforza la concorrenza dei paesi emergenti, dove i salari costano un sesto, un settimo di quelli tedeschi.
La Germania ha dunque bisogno di riforme «più coraggiose», soprattutto nel mercato del lavoro, perché è qui che si concentrano i mali tedeschi. Fra le più urgenti c'è «l'introduzione, nei con-tratti collettivi, di clausole per aziende in difficoltà finanziarie, che permettano la riduzione, ora proibita, del costo del lavoro». E poi non basta l'esigua facilitazione di licenziamento per aziende fra i 5 e i 10 dipendenti. Ma di fondamentale importanza è la riforma dello stato sociale, nella sua caratteristica di datore di lavoro e di «grande concorrente dell'economia privata». Di sostenitore dei prepensionamenti. Edi distributore di sussidi con enorme potenziale di attrazione per gli immigrati.
Anche con la riforma del mercato del lavoro appena approvata, sostiene Sinn, una famiglia di assistiti sociali con due figli «prende un sussidio pari a 1500 euro». A pochi mesi dall'allargamento dell'Europa, non ci si rende forse conto che questa somma «equivale, ad esempio, a 3-4 volte il reddito medio di un lavoratore dell'industria polacca». E, nel suo libro, Sinn elabora una proposta di riforma, alternativa a quella passata dai deputati del Bundestag, che in questi giorni è stata introdotta e approvata al Bundesrat ad opera dei Länder Cdu/Csu di Baviera, Sassonia e Assia. Una proposta rivoluzionaria, che prevede un sussidio sociale che incentiva il lavoro, perché assegna un terzo di sussidio in meno al disoccupato che non vuole lavorare. Ma paga un forte incentivo a quello che accetta un impiego retribuito a prezzi inferiori a quelli del mercato. Ora, le due Camere dovranno «trovare un compromesso». Forse, aggiunge Sinn, «sarebbe meglio avere un governo di Grande Coalizione. Almeno, i due schieramenti con-trapposti non si farebbero la guerra, come accade ora». A scapito delle riforme.
Hans-Werner Sinn (55 anni,nella foto )dirige dal 1999 l'Ifo di Monaco.Sotto la sua guida l 'istituto economico ha assunto una dimensione internazionale:il risultato di un duro lavoro da parte del docente di Scienza delle finanze dell'Università Ludwig-Maximilian di Monaco,che dirige il dipartimento Ces di studi di economia internazionale. Un'espressione sempre sorridente,frenetico nell'attività suddivisa fra le consulenze prestigiose -il governo Stoiber, la Banca Mondiale -e la scrittura di 13 libri. L'ultimo, «Si può ancora salvare la Germania?»,è stato premiato dal Financial Times Deutschland . |